sabato, 27 Luglio 2024
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Remo Buti, l’anti-designer

Si
dichiara nato nel 1938 anche se in realtà è del ‘32. Indossa occhiali da sole
cerchiati di rosso e ciondoli di ceramica over-size. Remo Buti è un pezzo
(importante) di storia del design italiano, ed è lui stesso un’opera di design.
Tra i più stimolanti e riconosciuti professori della facoltà di Architettura
di Firenze
, attraverso una ricerca costante e silenziosa – fatta di
operazioni semplici, leggere e riconoscibili – ha rappresentato l’anima più
concettuale del movimento radicale fiorentino (Archizoom, Superstudio, Ufo,
9999, Zziggurat e Gianni Pettena). Tra i suoi lavori più noti, la serie Piatti
e Spille di architettura, la serie di disegni realizzati con
l’aerografo The City (1971), il progetto grafico e i gadget della Global
Tools
(1973), la lampada Star’s prodotta da Targetti (1983) e la
collezione di borse Querelle (1978-1979). Ma anche numerosi progetti
d’interni e di allestimento, come la sistemazione della Rotonda del
Brunelleschi a Firenze e la sua casa, un vero e proprio museo del design
pensato come un cannocchiale sulla città.

Buti
nasce a Quinto Fiorentino, una frazione del comune di Firenze molto vicina alla
fabbrica della Richard Ginori dove, a eccezione della madre, aveva lavorato
tutta la famiglia. Ossessionato dalla numerazione, ha stimato che nel percorso
a piedi tra la casa e la fabbrica i suoi familiari hanno trascorso circa dodici
anni di vita. Da piccolo assapora la vita artigiana e la dimensione popolare
della provincia
. I suoi primi giocattoli sono gli oggetti di ceramica
scartati dalla produzione, come le Mani di Gio Ponti che suo padre
realizzava, suo zio decorava e suo nonno cuoceva. E che poi sua madre,
minimalista autentica, buttava via.

Spille di ceramica, 1952.

Facendo
autoproduzione, Buti inizia giovanissimo a realizzare gadget di ceramica, che
vende a clienti facoltosi anche su commissione dei grandi magazzini Harrods di
Londra. Si definisce il primo ‘vu cumprà’ delle spiagge di Livorno, città dove
ha vissuto e incontrato Elena Botteghi che sposa nel 1963, dopo aver promesso
al padre di lei di laurearsi. Per tener fede all’impegno abbandona i circoli di
biliardo che assiduamente frequenta bigiando la scuola, per diplomarsi
all’istituto serale e iscriversi alla facoltà di Architettura, dove incontra i
suoi maestri, Leonardo Ricci, Leonardo Savioli, ma anche Klaus Koenig, Italo
Gamberini e molti altri. Il suo sapere artigianale gli consente di distinguersi
nei corsi di Ricci e Savioli realizzando progetti e modelli per insediamenti a
grande scala. Sono gli anni infuocati della contestazione studentesca che
vedono dentro le aule della facoltà tutti gli esponenti dell’avanguardia
radicale.

Collezione di borse ‘Querelle’, 1978-1979.

Si
laurea nel 1969 con un lavoro che sarà il cavallo di battaglia di tutta la sua
ricerca, un ‘non progetto’: espone alla commissione tutti i lavori e i modelli
svolti negli anni precedenti che aveva meticolosamente archiviato, tenuti
insieme da un originale racconto. La commissione si aspettava un progetto, e il
relatore Savioli a fatica riesce a fargli conferire la laurea giustificandolo
così: «Remino non aveva voglia di fare un progetto». Savioli lo chiama
come assistente e pochi anni dopo Buti riceve l’incarico di professore del
corso di Arredamento e successivamente di Architettura degli interni. Dedicherà
tutta la sua energia all’insegnamento, organizzando un corso antiaccademico e
radicale. Con l’aiuto di Stefano Giovannoni e Guido Venturini (che nel 1985
fondano lo studio King Kong) – ma anche di Massimo Mariani e dei numerosi
collaboratori che in circa vent’anni lo hanno affiancato – mette a punto una
struttura didattica unica e perfetta, che farà del suo corso di Architettura
degli interni un passaggio obbligato per la generazione di designer che si
forma negli anni Novanta.

Remo Buti durante le revisioni della Light House, 1994-1995. (Courtesy Archivio Lucia Gori)

Nel
1986 Mario Bellini lo invita a esporre gli esiti del corso alla XVII Triennale
di Milano e nello stesso anno si costituisce il Movimento Bolidista, promosso
da sedici designer che gravitano intorno al corso e alla figura di Buti.
Prevalentemente incentrato sugli anni di didattica, il libro Varie-età edito
da Quodlibet e Didapress, scritto con Pino Brugellis e Matteo Zambelli,
rappresenta il primo volume che apre la strada alla riscoperta del maestro
fiorentino e del suo originale metodo d’insegnamento.

La stanza vuota, progetto del corso 1990-1991.
La sedia del secolo. Interventi su oggetti di serie, progetto del corso 1998-1999.

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