sabato, 14 Dicembre 2024
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Il “Salva-Casa” è Legge

Una prima analisi sul processo di conversione della Legge del 24.07.24 n. 105

Il “Salva-Casa” è Legge

Con l’afa romana di questi giorni, che per il momento sembrerebbe non voler cedere, assistiamo alla definitiva articolazione del tanto atteso processo di conversione in Legge dell’anno: il D.L. n. 69/24 del 29.05.2024, licenziato con il favore della Camera nelle scorse settimane, ha visto nella giornata del 24 luglio il Senato rinnovare la fiducia al Governo per approvare il D.D.L. di conversione del Salva Casa.

Week end da bollino rosso: litorali affollati si, ma questa estate gli italiani festeggeranno anzitutto (l)a Casa.

E’ domenica 28 luglio e la Legge entra in vigore, modificando per oltre la sessantesima volta il codice urbanistico ed edilizio D.P.R. del 6 giugno 2001 n. 380.

Nonostante le temperature, dunque, nessuno sembra essersi fermato.

È il 27 di luglio e davanti ai Palazzi del Senato un timido ponentino romano ci ricorda che è appena cominciato il sabato: una moltitudine di italiani si sposta tra le coste e i monti del Paese alla ricerca di refrigerio, mentre negli Uffici della Zecca di Stato, la Gazzetta Ufficiale ricarica senza pausa le cartucce del proprio inchiostro per pubblicare indelebilmente al numero 175 il Provvedimento di Legge n. 105 del 24.07.2024 firmato dal Ministro Salvini.

Anche l’Osservatorio sulla legislazione, nell’ambito delle proprie attività consultive, conferma le principali finalità semplificatorie del Provvedimento di Legge, atte principalmente a consentire la riqualificazione e la valorizzazione economica degli immobili facendo fronte al crescente fabbisogno abitativo nell’ottica di ridurre il consumo del suolo, rilanciare il mercato della compravendita immobiliare, superare le incertezze applicative che rendono problematica l’attività degli enti locali, di cittadini ed imprese, con particolare riferimento al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine favorire processi di rigenerazione urbana e di riuso del suolo abitato.

Per quanto criticato, analizzando il Provvedimento di Legge in veste definitiva sembrerebbe emergere concretamente la volontà del Legislatore di voler affrontare in maniera puntuale e sistematica delle tematiche che nel corso della storia edilizia vennero solamente lambite dal passaggio di norme straordinarie e mai definitivamente disciplinate, in senso ampio e più olistico, nel rispetto di un complessivo disegno programmatorio.

Nel Salva Casa, l’azione di semplificazione applicativa viene realmente processata internamente al contesto della quotidiana prassi, mettendo a nudo le complesse fragilità regolamentari stratificatesi nel corso degli ultimi decenni, territorio sul quale lo stesso Governo, intervenendo con un approccio rinascimentale, pone il Professionista al centro di quell’articolato sistema, nel quale diviene sostenitore, istruttore e certificatore dell’iter, inteso quale unico attore in grado di poterne concretamente validare il risultato nell’interesse della collettività.

Chi banalmente lamenta, quindi, il mancato varo di una legge speciale in grado di automatizzare – a fronte di un’unica istanza e con procedura unificata – il processo di sospensione dei reati previa corresponsione di oboli tesi ad azzerare ogni atto e fatto del passato, dovrà indubbiamente cominciare a studiare e selezionare sul mercato quell’Attore in grado di decifrare, applicare e governare in sua rappresentanza questo nuovo articolato concerto normativo.

Ripercorriamo gli articoli del testo originario del D.L. entrato in vigore il 30 maggio scorso, esaminando le principali proposte di modifica al T.U.E:, consolidatesi in conversione anche attraverso le nuove introduzioni espresse in sede parlamentare, particolarmente significative nel mondo urbanistico-edilizio tanto sotto il profilo sostanziale quanto procedurale.

  • Attività di edilizia libera (art. 6).

La norma propone di apportare due modifiche all’articolo 6 del TUE, disciplinante le attività eseguibili in regime di edilizia libera (ossia senza alcun titolo edilizio) in particolare su:

  1. installazione delle vetrate panoramiche (VEPA) – (lettera b-bis);
  2. installazione di opere per la protezione dal sole o da agenti atmosferici (nuova lettera b-ter).

Necessaria una premessa attinente all’intervento “libero”, finalizzata a chiarire nuovamente l’impianto gerarchico della norma in caso di esecuzione degli interventi.

Al comma 1 del citato articolo 6, il TUE richiama delle disposizioni normative comuni, tanto per le VEPA, quanto per opere atte a proteggere dal sole o da agenti atmosferici, specificando che l’ammissibilità dell’installazione degli elementi tecnologici in parola risulta subordinata al rispetto di:

– vincoli di natura regionale (paesistico/ambientale);

– vincoli di natura comunale previsti dallo strumento urbanistico;

– vincoli di natura condominiale agenti sull’edificio oggetto d’intervento.

  1. Chiusura porticati con VEPA.

I più esperti ricorderanno le modifiche introdotte dal DL n. 115/2022 all’art. 6 c. 1 lett b-bis circa le condizioni strutturali e funzionali da rispettare per la chiusura di balconi e logge con il c.d. sistema VEPA (vetrate panoramiche); ebbene, il DL 69/2024 interviene in tal contesto per ampliare la possibilità di installazione di tali VEPA in regime di edilizia libera includendo la chiusura di porticati ossia, come definito dall’Allegato A del R.E.T. approvato con Intesa di Conferenza Unificata il 20/10/2016 “tutti gli elementi edilizi coperti al piano terreno degli edifici, intervallati da colonne o pilastri aperti 4 su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio”. Trattasi, quindi, di un’ulteriore semplificazione finalizzata a chiarire maggiormente l’ambito di applicazione delle vetrate panoramiche scorrevoli in linea anche con gli obiettivi prestazionali tesi a migliorare le performance acustiche ed energetiche degli edifici. Utile a tal fine rammentare le condizioni da rispettare per installare le VEPA nei porticati, così come già sancito per logge e balconi; le VEPA devono:

– essere amovibili e totalmente trasparenti;

– assolvere funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, di miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, di riduzione delle dispersioni termiche, di parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche;

– non dare vita a spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici che possano generare nuova volumetria;

– non comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile;

– favorire una naturale micro-aerazione dei vani interni domestici;

– avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e tali da non modificare le preesistenti linee architettoniche.

  1. Opere per la protezione dal sole o da agenti atmosferici.

La norma prevede al nuovo comma b-ter che siano liberamente installabili, alla stregua delle VEPA, le opere di protezione dal sole o da agenti atmosferici “la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera”, alle seguenti specifiche condizioni:

– devono essere addossate o annesse agli immobili o alle unità immobiliari anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera;

– non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso con conseguente variazione di volumi e superfici;

– devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente;

– devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.

Trattandosi di un brano dell’edilizia dall’ampio respiro, per quanto apparentemente generose sotto il profilo autorizzatorio, le modifiche proposte dal DL si posizionano su un terreno scivoloso e ricco di insidie (come ad esempio l’analisi vincolistica e la relativa compatibilità architettonica), condizione che deve inevitabilmente portare il soggetto attuatore dell’intervento ad interfacciarsi preliminarmente con il proprio Professionista di fiducia.

  • Documentazione amministrativa e stato legittimo dell’immobile (art. 9-bis).

 Trattasi di uno dei temi più dibattuti nel corso dell’iter di approvazione, decisamente atteso dal mondo dei Professionisti impegnati nelle attività investigative immobiliari; la manovra di Governo affronta infatti il tema della legittimità del costruito confermando i principi sino ad oggi perseguiti e prescritti dal TUE, facilitando, sotto il profilo metodologico, le condizioni tese a certificare lo stato legittimo dei beni immobili, il quale, rispetto alle modifiche proposte dal DL, può ora essere dimostrato:

– dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o anche solamente dall’ultimo titolo edilizio relativo a lavori che abbiano interessato l’immobile o l’unità immobiliare, senza quindi l’incombenza di dover rassegnare una completa consecutio dei titoli abilitativi precedentemente transitati sul bene; in tale ipotesi, il Legislatore precisa però una condizione, ossia che l’ultimo titolo rilasciato/formato (probante quindi la legittimità del bene) all’esito di un procedimento, deve accertare l’esistenza del titolo abilitativo che ne abbia previsto la costruzione o legittimato la stessa. Trattasi di una specifica tesa a favorire maggior tutela al principio dell’affidamento dell’interessato/soggetto attuatore, nei casi in cui il titolo edilizio mediante il quale si intenda attestare lo stato legittimo del bene, sia stato già oggetto di verifiche e constatazioni da parte della P.A. nel corso dei rispettivi iter di definizione istruttoria;

– dagli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;

– dai titoli rilasciati a seguito dei procedimenti per l’accertamento di conformità in sanatoria di cui agli articoli 36 e 36bis;

– dal pagamento della sanzione pecuniaria dovuta a seguito di annullamento del permesso di costruire;

– dal pagamento delle sanzioni previste per gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (articolo 33 del TUE);

– dal pagamento delle sanzioni previste per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (articolo 34 del TUE);

– dal pagamento delle sanzioni previste per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità (articolo 37 del TUE);

– dall’attestazione di cui all’articolo 34-bis concernente le tolleranze costruttive ed esecutive.

La novità più rilevante apportata dalla norma, individua, quindi, tra le ulteriori modalità per certificare la legittimità urbanistica del bene:

– plurime e differenti forme di fiscalizzazione dell’abuso edilizio (pagamento dell’obolo per l’estinzione delle pene);

– la dichiarazione di cui all’art, 34-bis.

In generale, l’introduzione di questa ulteriore semplificazione amministrativa dovrebbe consentire l’instaurazione di un diffuso stato di legittimità del patrimonio immobiliare grazie anche ad ulteriori leve messe a disposizione del Professionista che potrebbero contribuire a legittimare gli immobili nel corso dell’articolazione istruttoria, tanto “sanando” – a tenore delle modifiche introdotte all’art. 9bis – quanto “tollerando” – secondo il nuovo regime dell’art. 34bis (specificato nei paragrafi successivi).

  • Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante (art. 23-ter).

Il Legislatore interviene sul tema dei cambi d’uso (attuale art. 23-ter del TUE), integrando alcune disposizioni afferenti all’opportunità di:

  • mutare le destinazioni d’uso di un bene all’interno della stessa categoria funzionale in assenza di opere edilizie (c.d. cambio d’uso orizzontale), stabilendo che l’intervento debba risultare sempre ammesso, fermo restando la possibilità per i comuni di stabilire specifiche condizioni (nuovo comma 1-bis);
  • mutare le destinazioni d’uso tra categorie funzionali differenti (c.d. cambio d’uso verticale) in assenza di opere edilizie, p.e. da residenziale a turistico ricettivo oppure da commerciale a direzionale, sancendo che l’intervento urbanistico riferito ad una singola unità immobiliare debba risultare sempre ammesso tra categorie funzionali a), a)bis, b), c) ubicate in zone territoriali omogenee A, B, C ex DM 1444/67, fermo restando la possibilità per i comuni di stabilire specifiche condizioni (nuovo comma 1-ter) e qualora il mutamento sia finalizzato alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile (nuovo comma 1-quater);
  • mutare la destinazione d’uso in categoria residenziale, di locali collocati al piano terra degli edifici, a condizione che, sia lo strumento urbanistico vigente, sia il regolamento edilizio comunale, ne prevedano una piena compatibilità;
  • procedere al mutamento di destinazione d’uso per i commi 1-bis, 1-ter, tramite procedura SCIA ex art. 19 L. n. 241/90, ferme restando normative regionali più favorevoli. Utile segnalare che la modifica introdotta dalla norma, confermerebbe, almeno per il momento, l’assoggettabilità a titolo SCIA (art. 22 TUE) anziché a permesso di costruire (art. 10 TUE) nel passaggio tra diverse categorie funzionali senza opere.

Rilevante, inoltre, l’eliminazione dell’onerosità nel passaggio tra categorie funzionali diverse (mutamento verticale); nello specifico, volendo il Legislatore agevolare il mutamento delle destinazioni d’uso ricomprese nelle prime quattro categorie funzionali (residenziale, turistico ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale), intende altresì alleggerire il carico economico gravante sul soggetto attuatore derivante principalmente dal reperimento di aree parcheggi e standard urbanistici: “Il mutamento non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150”.

Con questa manovra il Governo sancisce l’approvazione per modificare un importante istituto urbanistico, quello disciplinante i mutamenti di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse (residenziale, turistico ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale), rilevante, sotto il profilo territoriale, per l’impatto economico-sociale che l’intervento proposto dal soggetto attuatore sarebbe in grado di produrre in assenza di una specifica disciplina di settore regionale e locale.

  • interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31).

Si tratta di una modifica voluta dal Governo per semplificare il trasferimento di beni abusivi in favore alla P.A. in determinati contesti; nel caso specifico, la norma modifica l’art. 31, c. 5, del TUE, prevedendo, in riferimento all’opera abusiva – ossia realizzata in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (tra le casistiche amministrativamente più gravi e penalmente perseguite) – una procedura differente rispetto a quella attualmente vigente.

Il dispositivo prevede che, qualora l’opera abusiva “non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il Comune, previo parere delle amministrazioni competenti, può procedere all’alienazione del bene e della relativa area di sedime condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive”.

In tale fattispecie, il Legislatore specifica inoltre che:

  • viene preclusa la partecipazione del responsabile dell’abuso alla procedura di alienazione;
  • l valore venale dell’immobile viene determinato dall’agenzia del territorio tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.
  • interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34).

Con questa modifica, il Legislatore ha inteso voler inasprire il regime sanzionatorio elevando le pene (anche) ai fini dell’ottenimento della legittimità immobiliare, da intendersi, in combinazione con il disposto art. 9bis sopra commentato. Le modifiche proposte dal DL sono sintetizzabili in:

  • applicazione di una sanzione pari al triplo del costo di produzione (anziché al doppio), stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392 (Legge sull’equo canone), della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale;
  • applicazione di una sanzione pari al triplo del valore venale (anziché al doppio), determinato a cura dell’Agenzia del Territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

La modifica introdotta dal DL converte il regime di “tolleranza” in un processo di “fiscalizzazione degli abusi”, ri-proponendo la possibilità di corrispondere alla P.A. aspri oboli per garantire l’estinzione del reato ed attestare così lo stato legittimo del bene. L’impatto fiscale e tributario della manovra di Governo si preannuncia quindi rilevante anche grazie all’introduzione di questo meccanismo di fiscalizzazione negli elenchi procedurali del TUE, inteso quale idoneo istituto per cristallizzare permanentemente nuove forme di legittimità urbanistica del patrimonio costruito.

  • tolleranze costruttive ed esecutive (art. 34-bis).

Il D.L. tratta il tema della tolleranza di cantiere e geometrica dei beni, introducendo il comma 1-bis dell’34 bis del TUE, attraverso il quale si verrebbe a delineare un nuovo perimetro temporale delle vigenti tolleranze costruttive per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, in funzione delle superfici utili dei singoli immobili. Nel merito, vengono ridefiniti i limiti secondo i quali, in funzione degli scostamenti dai parametri costruttivi (altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta, etc.), verrebbero individuate o meno le violazioni edilizie:

Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:

  1. a) del 2 per cento delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati; b) del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
  2. c) del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
  3. d) del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.

Inoltre, qualora tali tolleranze costruttive vengano accertate su immobili assoggettati a vincolo paesaggistico, l’art. 3, comma 1, del DL prevede l’esclusione dell’autorizzazione paesaggistica (ex articolo 2, comma 1, del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31).

La riperimetrazione temporale per interventi eseguiti entro il 24 maggio 2024, vede inoltre l’individuazione, per mezzo del comma 2-bis, di ulteriori margini di tolleranza di tipo esecutivo (o di cantiere), rispetto ai quali non si determinerebbero violazioni edilizie, il comma individua a tal fine:

– il minore dimensionamento dell’edificio;

– la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;

– le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni;

– la difforme ubicazione delle aperture interne;

– la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;

– gli errori progettuali corretti in cantiere;

– gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

 Confermato il successivo comma 3, secondo il quale le tolleranze disciplinate dall’art. 34bis sono attestate dal Professionista Tecnico ai fini della certificazione di stato legittimo immobiliare, ed asseverate nell’ambito di atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

Estremamente delicati i successivi e nuovissimi commi 3-bis, 3-ter in ordine all’attestazione delle tolleranze per unità immobiliari situate in zone sismiche, tesi a descrivere i requisiti e le procedure da seguire per il rilascio dell’attestazione.

In particolare, il comma 3-bis specifica l’apparato documentale da predisporre per avviare le procedure di autorizzazione e/o controllo da parte degli organi regionali competenti preliminarmente alla validazione dell’attestazione delle tolleranze edilizie; la norma subordina infatti l’avvio di un procedimento tra P.A. e privato teso a consentire l’adozione di eventuali atti di assenso, ovvero, di condizionare l’esito del procedimento stesso alle rituali verifiche amministrative in capo alla P.A., prima che il Professionista Tecnico possa emettere l’attestazione circa le tolleranze edilizie rilevate sul bene presente su un sito sismico.

Il successivo comma 3-ter, invece, specifica che l’attestazione di tolleranze edilizie non deve comportare limitazioni dei diritti a terzi, condizione di verifica altresì delegata al Professionista Tecnico, il quale, mediante la conduzione di proprie opportune indagini, deve accertarsi circa la sussistenza o meno di eventuali limitazioni, e qualora presenti, segnalarne le possibili contromisure volte alla risoluzione delle stesse, come ad esempio, la necessità di dover predisporre e depositare un titolo per la realizzazione di eventuali interventi, prodromico, quindi, al rilascio dell’attestazione in parola: […] Il tecnico abilitato verifica la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi e provvede alle attività necessarie per eliminare tali limitazioni, presentando, ove necessario, i relativi titoli.

  • accertamento di conformità (art. 36, 36-bis, 37).

All’articolo 36, il DL introduce delle modifiche all’istituto disciplinante l’accertamento di conformità (c.d. sanatoria giurisprudenziale), tese a confermare la rigidità dell’impianto normativo contemplante il principio di “doppia conformità” nelle fattispecie più gravi di abuso, ossia quelle riconducibili alla realizzazione di interventi in assenza di titoli, in totale difformità o con variazioni essenziali, che non a caso, diviene il titolo del nuovo dispositivo: da “accertamento di conformità” ad “accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali”.

Rammentiamo che per tale fattispecie, il Testo Unico prevede che per ottenere il provvedimento di sanatoria – attraverso pronunciamento della P.A., ossia, avverso al silenzio diniego ([c. 3] il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata) – l’intervento invocato deve risultare conforme tanto alla disciplina urbanistico edilizia vigente al momento della consumazione dell’illecito quanto al momento della presentazione dell’istanza (principio, per l’appunto, della c.d. doppia conformità), condizione sostanzialmente revisionata alla luce delle semplificazioni introdotte con il nuovissimo art. 36-bis per tipologie di abuso “minori”, disciplinante l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità.

Non si registrano pertanto modifiche sostanziali se non unicamente quelle tese a distinguere l’applicazione del medesimo istituto nei casi riferiti a tale nuovissimo articolo 36-bis, nel seguito commentato.

Totalmente neonato, questo articolo 36-bis, composto da sei commi che disciplinerebbero il nuovo meccanismo di accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità.

Esaminiamo il funzionamento nel dettaglio leggendo i singoli commi:

  • comma 1, la norma individua:
    • l’assoggettabilità dell’istituto sanante ad interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34) o dalla segnalazione certificata di inizio attività in alternativa ad esso (art. 23 c. 1), ovvero, in assenza o in parziale difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (art. 37);
    • la possibilità di poter ottenere, fino alla scadenza dei termini di cui all’articolo 34, comma 1 e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il permesso di costruire in sanatoria – ovvero la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria – a condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.

La novità più discussa, introdotta dal DL in ordine all’istituto sanante dell’accertamento di conformità per la fattispecie di violazione individuabile al comma 1, prevede dunque l’opportunità di poter ottenere il permesso in via postuma attraverso l’applicazione di una “parziale” doppia conformità, apparentemente semplificata sotto il profilo esecutivo poiché riferibile alle norme di stampo pianificatorio, programmatorio e strumentale (sfera urbanistica) all’atto dell’istruttoria, ossia, alla presentazione della domanda, nonché a quelle unicamente ascrivibili al settore delle costruzioni (norme tecniche) vigenti nel frangente della realizzazione dell’intervento.

La proposta di modifica normativa vedrebbe dunque lo svolgimento di un’equazione a due fattori di diversa scala ed estrazione, tesa a ricercare la compatibilità temporale tra distinti “mondi” normativi: quello relativo alla strumentazione urbanistica (gli atti pianificatori e programmatori) e quello afferente al settore specifico delle costruzioni (la norma tecnica).

  • comma 2, la norma individua delle specifiche condizioni di procedibilità amministrativa dell’istanza, introducendo la possibilità che in sede di esame istruttorio, la P.A. possa formulare delle richieste di adattamento piuttosto che di modifica delle opere richieste in sanatoria al fine di poterne suffragare pienamente il rilascio del titolo sanante; per la prima volta nella storia, contrariamente al noto orientamento della giurisprudenza in merito, viene introdotta la c.d. sanatoria condizionata: […] in sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo Sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo.

 comma 3, la norma fissa ulteriori dettagli di prassi, stabilendo che:

  • La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dall’attestazione di conformità da parte del Professionista, attestazione resa in riferimento alle norme tecniche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento.
  • L’epoca di realizzazione dell’intervento deve essere provata mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo (documentazione amministrativa del bene) e solo nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante tale documentazione, il Professionista Tecnico incaricato attesta, sotto la propria responsabilità, la data di realizzazione.

Sostanzialmente tale comma specifica le leve a disposizione del Professionista per validare la procedibilità istruttoria, investendolo personalmente di tutti gli oneri e responsabilità derivanti dalle proprie attestazioni.

  • comma 4, la norma specifica le condizioni di ottenimento degli atti di presupposto alla formazione del titolo in sanatoria nei casi in cui […] gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.
  • comma 5, è completamente dedicato al profilo sanzionatorio. La norma stabilisce infatti che le condizioni per ottenere il rilascio del titolo in sanatoria risultano subordinate al pagamento delle oblazioni: […] Il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria di cui al secondo periodo è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’art. 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
  • comma 6, definisce i termini temporali in capo alla P.A. per l’istruttoria dell’istanza, distinguendo quelli disciplinati dalla L. n. 241/90: Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Alle segnalazioni di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, si applica il termine di cui all’articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nelle ipotesi di cui al comma 4, i termini di cui al primo e secondo periodo sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica. Decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Il termine è interrotto qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni previste dal presente testo unico.

L’innovazione più evidente è certamente quella riferita ai termini per l’accoglimento dell’istanza da parte della P.A. (45 giorni), a differenza del previgente meccanismo di silenzio rigetto – riconfermato all’art. 36 per le fattispecie abusive più gravi – individuato in 60 giorni dalla trasmissione dell’istanza.

Modificato, anche se solo in minima parte, l’articolo 37, rinominato in “Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività” e che vede, in estrema sostanza, l’eliminazione del suo originario comma 4 (condizioni per l’acquisizione della sanatoria e relativo regime sanzionatorio) per effetto di quanto disciplinato con il nuovissimo articolo 36-bis c.1, divenuto istituto sanante anche per gli interventi, per l’appunto, eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività.

 

522 emendamenti complessivi, gran parte provenienti dalla maggioranza: molti gli accoglimenti in Parlamento tra modifiche al testo originario e novità introdotte.

 

Rispetto alla versione di D.L. pubblicata il 29 maggio scorso, nel corso dell’esame parlamentare per la conversione in Legge si è registrata l’approvazione di numerose proposte emendative, tese tanto a modificare quanto ad introdurre nuovi dispositivi all’originario D.L. n. 69/24.

Tra le novità più rilevanti introdotte al Decreto-Legge in sede d’esame:

  • il riconoscimento delle varianti in corso d’opera intervenute antecedentemente all’entrata in vigore della Legge Bucalossi (n. 10/1977), la disciplina per ottenere la sanatoria delle opere per acclarata adozione del Provvedimento di Agibilità (ex abitabilità) da parte delle P.A., la c.d. “agibilità sanante”;
  • la mutazione dell’istituto regolante le c.d. variazioni essenziali e le difformità parziali concretizzate su immobili vincolati;
  • l’introduzione di agevolazioni per il recupero dei sottotetti esistenti;
  • l’opportunità di poter attestare, nelle more della definizione di una nuova puntuale regolamentazione in materia, e subordinatamente alla redazione di un progetto teso ad ottenere un concreto miglioramento igienico sanitario del patrimonio immobiliare, la conformità di locali che registrino superfici ed altezze inferiori rispetto a quelle prescritte dal Testo Unico sulle Leggi Sanitarie;
  • l’estensione della nuova procedura per l’accertamento di conformità in sanatoria anche alle variazioni essenziali.

Tra le proposte di modifica emendative al testo originario emergono invece:

  • l’estensione del regime di tolleranza pari al 2% anche alle distanze minime tra edifici ex D.M. n. 1444/1968 ed ai requisiti igienico-sanitari ed introduzione della nuova aliquota di tolleranza costruttiva pari al 6% per unità immobiliari aventi superficie utile inferiore a 60,00 mq (art. 34-bis T.U.E.) con contestuale stralcio della previsione per cui il Professionista debba necessariamente verificare la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi procedendo altresì alla loro eliminazione (art. 34-bis c. 3-ter T.U.E.);
  • ulteriori modalità per dimostrare ed attestare lo stato legittimo immobiliare (art. 9-bis T.U.E.);
  • ulteriori semplificazioni procedurali per l’ottenimento della sanatoria edilizia (art. 36-bis T.U.E.);
  • possibilità di destinare una parte dei proventi delle sanzioni amministrative per l’incremento dell’offerta abitativa (art. 1 c.2 D.L. n. 69/24);
  • possibilità di attuare mutamenti di destinazione d’uso su singole unità immobiliari anche in assenza di opere, con delega alle Regioni di prevedere ulteriori livelli di semplificazione per l’attuazione dell’intervento urbanistico (art. 23-ter T.U.E.).

 

Tratteremo in successivi articoli i singoli temi affrontati dall’esame parlamentare, così come approvati e pubblicati in Gazzetta Ufficiale sabato 27.07.2024, fornendo le specifiche di maggior dettaglio tecnico in relazione al funzionamento dei principali istituti giuridici del mondo urbanistico ed edilizio, approvati con modificazioni in sede di conversione di Legge.

 

   Arch. Luigi Cacciatore

 

Area Tecnica Confabitare Roma

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